PNNR, opportunità di rilancio per Pmi e industrie in crisi

Innovazione, digitalizzazione e competitività sono gli ambiti su cui puntare. Entro il 2023 al via 40 contratti di sviluppo.

Circa 222,1 miliardi di euro di investimenti per ridare fiato al tessuto economico italiano uscito malconcio dalla pandemia. È il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR) con orizzonte al 2026, finanziato per 191,5 miliardi di euro con fondi Ue e ulteriori 30,6 miliardi tramite da un Fondo complementare attraverso uno scostamento pluriennale di bilancio approvato dal governo italiano.

Un’opportunità importante per le imprese, chiamate a sfruttare la possibilità di un deciso cambio di passo su fronti come la digitalizzazione e la transizione ecologica, con ricadute positive anche per il proprio business grazie agli incentivi e ai bandi pubblici. Lo dimostra il fatto che, secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’effetto volàno del PNNR sull’economia italiana sarà di 1,5 punti percentuali nel periodo 2021-2023, per sfiorare il 3% nel 2026. A patto, ovviamente, che le risorse a disposizione vengano utilizzate in modo efficiente e secondo le tempistiche previste da Bruxelles.

Innovazione, digitalizzazione e competitività sono i cardini della prima delle sei missioni del PNNR, chiamata a dare un impulso decisivo al rilancio economico del nostro Paese. La dotazione complessiva si aggira intorno ai 49 miliardi, quasi 30 dei quali riguardano in modo mirato il sistema produttivo. Ben 13,3 i miliardi, più 5 dal fondo complementare, destinati a supportare il Piano Transizione 4.0, evoluzione del programma Industria 4.0 introdotto nel 2017.

La strategia prevede tre tipologie di crediti di imposta alle imprese che investono in: beni strumentali; ricerca, sviluppo e innovazione; attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze. Sono tre anche le principali novità introdotte in favore delle attività produttive che decidono di fare un upgrade in termini di digitalizzazione dei processi: ampliamento dell’ambito di imprese potenzialmente beneficiarie, con la sostituzione dell’iper-ammortamento riconoscimento del credito sugli investimenti effettuati nel biennio 2021-2022 estensione degli investimenti immateriali agevolabili, aumento delle percentuali di credito e dell’ammontare massimo degli investimenti incentivati.

Sono misure che hanno un respiro pluriennale, in modo da favorire la pianificazione sul lungo periodo da parte delle imprese. Un altro interessante “tesoretto” nella missione 1 sono gli 1,95 miliardi per dare supporto alle strategie di internazionalizzazione delle Pmi e ottimizzare le filiere industriali. Il governo Draghi, a suo tempo, ha stabilito che entro la fine del 2023 dovranno essere attivati 40 contratti di sviluppo in favore delle Pmi italiane.

Ma le opportunità per chi fa impresa non si fermano qui e attraversano in modo trasversale gran parte del piano. Confartigianato di recente ha calcolato che per le aziende ci sono sul piatto direttamente oltre 40 miliardi di euro. Gli stanziamenti più corposi (oltre a quelli della Missione 1) sono contenuti nella Missione 4 “Istruzione e ricerca” (circa 10 miliardi sui complessivi 31,8) e nella Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, la più corposa di tutto il PNNR con quasi 69 miliardi di euro. Una tematica, quest’ultima, ben presente nell’agenda dell’imprenditoria italiana. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, il 15% delle attività manifatturiere ha già terminato progetti di sostenibilità nell’ambito delle operations, circa un terzo ne ha attivati alcuni e solo il 3% non è interessato. Percentuali che nei prossimi mesi dovrebbero crescere in modo notevole sulla spinta dei fondi da sfruttare nei prossimi anni.

di Vito de Ceglia

Fonte: LA REPUBBLICA